lunedì 19 ottobre 2009

ROTTEN ASSES. quel che resta del punk...


Che fine ha fatto il punk? Che rapporto ha il genere (e il movimento) con questi brianzolissimi territori? Come si è (de-)evoluto nel tempo?
I Rotten Asses rappresentano un esempio del 'nostro' panorama punk, assieme a una piccola costellazione di gruppi (kolokados, frozen brains...) che, riuniti spesso in concerti comuni, a volte aggregati a formazioni di generi relativamente vicini (rock, metal), formano il tessuto della nostra scena.
Giovanissimi, alternano pezzi con un loro contenuto ad altri non-sense, che restano maggiormente impressi nella memoria, come la mitica 'I live in a potato', riproposta anche nel secondo cd, appena uscito e presentato alla festa del Circolo delle Arti (più conosciuto come Taverna dei Poggi) di Mariano Comense.
Intervita a Cera (Gabriele Cerati), cantante del gruppo...

1. In che contesto nascono i Rotten Asses? Qual'è lo stato di salute della scena in Brianza?
(cioè, ci son tanti gruppi in zona o chi sceglie di fare punk rischia di ritrovarsi isolato?)

I Rotten Asses nascono nel 2007 in brianza, in un contesto che ci stavamo rompendo le palle di molte cose che succedevano e abbiamo deciso di cominciare a protestare suonando in una band. passan 2 anni e siamo cresciuti e ci accorgiamo che di cose che ci stan sulle palle ce ne sono sempre di più, e perciò continueremo a fare la nostra musica. lo stato della scena punk in brianza (ma in generale italiana) è pessimo. i gruppi punk sono moltissimi ma allo stesso tempo ci si trova isolati a causa del pubblico che considera tutti i gruppi punk uguali mentre non è così. inoltre i gruppi tra di loro non si aiutano quasi mai, c è troppo egoismo.

2. Esiste ancora la contrapposizione che vedevo fino a 10 anni fa fra una scena che 'alternativa'
(che includeva punk, b-boys, metallari, di tutto e di più...) e una massa di coetanei che ascoltava la stessa musica, vestiva alla stessa maniera, restava conforme in tutto (i 'fighetti' e, per chi non poteva permettersi di essere tale, i tamarri)? (Solo se per voi esiste)ha ancora senso oggi?

mah, penso che stili diversi ci siano ancora, musiche diverse ma vedendo anche con chi esco, se ne fa meno caso, diciamo che c è una divisione tra tamarri e diciamo "alternativi" (per dire coloro che non seguono le mode odierne). secondo me senso non ne ha, ma spesso mi trovo dentro discussioni con questi tamarri perchè non sanno accettare quello che siamo (se hai sentito la nostra canzone odio, parla di quello).

3. Il punk, quando è entrato in Italia e si è sviluppato, era una scelta di vita di chi non sentiva d'avere nulla da perdere, viveva (letteralmente) in strada e perseguiva il suo non-scopo di provocazione continua contro tutto ciò che gli stava attorno, fino al boom di morti per overdose (anni '70 e '80), freddo e malattie (anni '90 con i punkabbestia). Cosa è rimasto negli anni dei cellulari, delle magliette pulitissime dei sex pistols e, morte delle morti, dei video in piscina coi finley?

bhe penso che ognuno veda la protesta a modo suo. C’è chi pensa che drogandosi e vivendo per strada sia la protesta migliore. Quelle sono scelte che secondo me non sono obbligatorie per protestare. Io penso che la protesta migliore venga dalla musica e dal farsi sentire senza mai arrendersi. Stare fuori dagli schemi non significa per forza non avere una casa e nemmeno farsi di eroina. Significa non farsi sottomettere dalla società. Penso che al giorno d oggi la poca rivolta rimasta sia spesso anche più ragionata, più informata. Negli anni novanta era anche una moda!!E i finley non sanno nemmeno cosa sia il movimento punk.

4. Ma perchè vivete in una patata??????????????????

perché si. Nessuno capirà mai cosa significa il testo di “I live in a potato”, neppure io che l ho scritta.

5. Ci sono prospettive, in Italia, per poter uscire dall'ambiente brianzolo? Esistono festival in cui poter entrare? C'è la possibilità di una tourné, magari assieme ad altri gruppi di zona? (lo so, mò ogni volta che si pronuncia il termine tourné vengono in mente gli scemi della tim...)

le prospettive ci sono con agganci e gente che di da una mano. Per ora contiamo solo su noi stessi e siamo riusciti a fare più delle nostre aspettative. Io comunque sto cercando band con cui andare in tuor anche a caso, senza un posto per dormire e con pochissimi soldi. Spero di farlo il prima possibile, sperando che i locali nel resto dell’italia o all’estero siano più accoglienti di quelli trovati da noi.

lunedì 12 ottobre 2009

MR&MS DRUNK AL TAMBOURINE... IMMAGINAZIONE E ATTACCHI AL POTERE


Presenti da diversi anni nel panorama alternativo della Brianza, conosciuti con il nome di Krampac (un gruppo in realtà allargato ad altri membri), Dana Drunk e Devis hanno iniziato nell'ultimo periodo a sperimentare progetti al di fuori dell'universo musicale tradizionale (punk, rock, pop), dedicandosi soprattutto alla composizione e recitazione di versi, con l'accompagnamento
di suoni provenienti dall'elettronica. Nel mirino dei loro testi il conformismo, le regole imposte, i poteri forti. La loro performance al Tambourine ha permesso di porre qualche domanda a Dana Drunk, analizzando assieme parti del suo stesso lavoro, per aiutarci a conoscere meglio questo frammento nel mosaico della musica indipendente locale.


Come nasce il progetto? Come si è passati dalla musica dei Krampac alla composizione e alla recitazione di versi?

R: In realtà i Krampack, che ora si chiamano Cose Velenose, sono la mia band. Facciamo pezzi nostri in italiano, genere pop rock elettronico. Io scrivo le canzoni e canto, Devis invece suona la batteria e la drum machine, e poi ci sono Squizzy alla chitarra, Frank al basso e Pacciu alle tastiere.
Il progetto dei signori Drunk invece non c’entra nulla con la band. Si tratta di un reading di poesie mie che interpreto accompagnata da Devis che suona musica elettronica dal vivo mentre leggo.
L’idea ci è venuta dopo che avevo pubblicato la mia prima raccolta di poesie “Cercando luccicanza” (edizioni Akkuaria). Avevamo la necessità di far conoscere un po’ il mio libro e le mie poesie, dunque abbiamo pensato ad usare il mezzo del reading. Per divertirci e per personalizzare un po’ la cosa, ci abbiamo aggiunto la musica elettronica.
Comunque il primo reading risale al marzo del 2008, dopodiché ne abbiamo fatti moltissimi. Ci piace ogni volta fare qualcosa di diverso, cambiamo le musiche, cambiamo le poesie da leggere, cambiamo il leitmotif dello spettacolo ed anche la struttura.

2. 'I giorni inutili (lunedì, martedì, ecc...) sono quelli tutti uguali... pieni di non-soddisfazioni...di costrizioni... venerdì una promessa...sabato e domenica sono invece quel che resta della vita mesta...'
Al di là del rischio che la mancanza di lavoro ci faccia provare nostalgia per quei 'giorni inutili',
simbolo anche di una vita e di un'attività stabile e garantita, un weekend passato dopo una settimana così non può degenerare in altrettanta inutilità? Penso alle grandi migrazioni del venerdì sera, sabato e domenica in locali eleganti, discoteche, centri commerciali, o circoli arci e centri sociali (a seconda delle credenze di base) in cui viene speso tutto il frutto del lavoro alienante... con quella costrizione a comprare di cui si parla nello stesso brano..

R: La poesia “I giorni inutili” parla dell’alienazione causata dal lavoro. Nasce da una riflessione circa la durata della vita ed il fatto che il lavoro ne occupi una fetta troppo consistente per i miei gusti. Quel che resta sono solo poche ore, che ognuno spende come meglio crede o come gli fan credere che sia meglio. Io penso che poi la gente attribuisca al week end un valore eccessivo e investa anche tanto per il week end, proprio perché è l’unico tempo libero che ha e dunque sente l’esigenza di renderlo “particolare” . Invece per me tutti i giorni dovrebbero “essere particolari”.
Bisognerebbe lavorare meno e lavorare tutti.


3. 'Abbiamo poteri invisibili che ci intrattengono davanti ai televisori... con istrionici comunicatori... in un circolo vizioso e fascista... ci accorgiamo della fregatura... giusto qualche attimo dopo averla subita...'
Non c'è invece l'impressione che ce ne accorgiamo eccome, ma non facciamo nulla perchè quella 'alienazione' di cui si parlava prima ci sta trasformando in vegetali? O, ancora peggio, il clima di regime porta chi vorrebbe parlare a un debole lamento, quando non all'autocensura?

R: Io credo che purtroppo siano molti quelli che non se ne accorgono proprio. Magari perché non posseggono i mezzi per potersene accorgere, certo non perché siano stupidi. Invece c’è sicuramente chi si accorge ma non ne parla, non lo esterna per paura e quindi si auto censura. La diversità, che sia anche solo una diversità d’opinione o di valori, ha un peso che non tutti vogliono accollarsi.

4. 'Rivoluzione... chi l'ha detto che non si fa con le parole?...'
La parola ha la sua forza indiscutibile, e qualcuno in Italia l'ha capito talmente bene che ha acquistato tutti i mezzi possibili per poter diffondere il proprio Verbo.
Non è forse ancora più rivoluzionaria la parola più semplice del mondo nel momento in cui viene trasformata in azione? Quando un movimento ha come sottobosco un contesto di coerenza, è proprio in quella condizione che un proclama assume un potenziale rivoluzionario...

R: Sono d’accordo. La coerenza tra parole ed azioni è fondamentale per portare avanti idee e valori rivoluzionari, ossia in contrapposizione al sistema vigente. Con la frase “rivoluzione, chi l’ha detto che non si fa con le parole?” intendevo sottolineare anche il ruolo del poeta, dell’artista, il quale ha l’arma della parola e può utilizzarla al meglio per cambiare le cose. Un fatto curioso è che la mia poesia “Rivoluzione” è stata per me uno spunto iniziale per poi scrivere una canzone, intitolata appunto “Rivoluzione (sei bellissima)” che suono nella mia band Cose Velenose. Una frase di questa canzone dice proprio “Non tenere lì le parole fra i denti, faranno un gran clamore se le unisci all’azione”. Il concetto di coerenza tra parole ed azioni, come vedi, torna.

5. L'oggetto principale dei versi è il conformismo: le divise, le regole, il pericolo che viene creato dall'eccesso di ordine, la paura di trasformarsi in robot. Come non confondere l'attacco a un sistema ingiusto con quell'attacco alle normali regole di civiltà che ha imbarbarito la società italiana soprattutto negli ultimi 10 anni?

Re: Il mio è un attacco al sistema. Un attacco alla società attuale ed alle sue regole che non condivido. Per me le regole di civiltà sono ben altre rispetto a quelle che ci fanno passare come tali e che in realtà sono pura barbarie. Infatti queste ultime hanno ucciso la personalità della gente, l’hanno omologata, hanno fatto percepire la diversità come una deficienza e non come una risorsa, come invece io ritengo che sia. Per me la libertà è linfa vitale. Io credo nella libertà totale. Essere liberi è la cosa più bella del mondo, ma ora come ora è anche la cosa più difficile. Credo che una società civile non possa prescindere dalla libertà individuale. Il guadagno c’è per tutti: io sono libera di fare ciò che mi pare e piace, tu anche, magari non condivido ciò che tu fai o pensi, però non ti arreco danno, ti tollero e ti rispetto e tu fai lo stesso con me. Non mi pare un concetto difficile da capire, eppure…