lunedì 12 ottobre 2009

MR&MS DRUNK AL TAMBOURINE... IMMAGINAZIONE E ATTACCHI AL POTERE


Presenti da diversi anni nel panorama alternativo della Brianza, conosciuti con il nome di Krampac (un gruppo in realtà allargato ad altri membri), Dana Drunk e Devis hanno iniziato nell'ultimo periodo a sperimentare progetti al di fuori dell'universo musicale tradizionale (punk, rock, pop), dedicandosi soprattutto alla composizione e recitazione di versi, con l'accompagnamento
di suoni provenienti dall'elettronica. Nel mirino dei loro testi il conformismo, le regole imposte, i poteri forti. La loro performance al Tambourine ha permesso di porre qualche domanda a Dana Drunk, analizzando assieme parti del suo stesso lavoro, per aiutarci a conoscere meglio questo frammento nel mosaico della musica indipendente locale.


Come nasce il progetto? Come si è passati dalla musica dei Krampac alla composizione e alla recitazione di versi?

R: In realtà i Krampack, che ora si chiamano Cose Velenose, sono la mia band. Facciamo pezzi nostri in italiano, genere pop rock elettronico. Io scrivo le canzoni e canto, Devis invece suona la batteria e la drum machine, e poi ci sono Squizzy alla chitarra, Frank al basso e Pacciu alle tastiere.
Il progetto dei signori Drunk invece non c’entra nulla con la band. Si tratta di un reading di poesie mie che interpreto accompagnata da Devis che suona musica elettronica dal vivo mentre leggo.
L’idea ci è venuta dopo che avevo pubblicato la mia prima raccolta di poesie “Cercando luccicanza” (edizioni Akkuaria). Avevamo la necessità di far conoscere un po’ il mio libro e le mie poesie, dunque abbiamo pensato ad usare il mezzo del reading. Per divertirci e per personalizzare un po’ la cosa, ci abbiamo aggiunto la musica elettronica.
Comunque il primo reading risale al marzo del 2008, dopodiché ne abbiamo fatti moltissimi. Ci piace ogni volta fare qualcosa di diverso, cambiamo le musiche, cambiamo le poesie da leggere, cambiamo il leitmotif dello spettacolo ed anche la struttura.

2. 'I giorni inutili (lunedì, martedì, ecc...) sono quelli tutti uguali... pieni di non-soddisfazioni...di costrizioni... venerdì una promessa...sabato e domenica sono invece quel che resta della vita mesta...'
Al di là del rischio che la mancanza di lavoro ci faccia provare nostalgia per quei 'giorni inutili',
simbolo anche di una vita e di un'attività stabile e garantita, un weekend passato dopo una settimana così non può degenerare in altrettanta inutilità? Penso alle grandi migrazioni del venerdì sera, sabato e domenica in locali eleganti, discoteche, centri commerciali, o circoli arci e centri sociali (a seconda delle credenze di base) in cui viene speso tutto il frutto del lavoro alienante... con quella costrizione a comprare di cui si parla nello stesso brano..

R: La poesia “I giorni inutili” parla dell’alienazione causata dal lavoro. Nasce da una riflessione circa la durata della vita ed il fatto che il lavoro ne occupi una fetta troppo consistente per i miei gusti. Quel che resta sono solo poche ore, che ognuno spende come meglio crede o come gli fan credere che sia meglio. Io penso che poi la gente attribuisca al week end un valore eccessivo e investa anche tanto per il week end, proprio perché è l’unico tempo libero che ha e dunque sente l’esigenza di renderlo “particolare” . Invece per me tutti i giorni dovrebbero “essere particolari”.
Bisognerebbe lavorare meno e lavorare tutti.


3. 'Abbiamo poteri invisibili che ci intrattengono davanti ai televisori... con istrionici comunicatori... in un circolo vizioso e fascista... ci accorgiamo della fregatura... giusto qualche attimo dopo averla subita...'
Non c'è invece l'impressione che ce ne accorgiamo eccome, ma non facciamo nulla perchè quella 'alienazione' di cui si parlava prima ci sta trasformando in vegetali? O, ancora peggio, il clima di regime porta chi vorrebbe parlare a un debole lamento, quando non all'autocensura?

R: Io credo che purtroppo siano molti quelli che non se ne accorgono proprio. Magari perché non posseggono i mezzi per potersene accorgere, certo non perché siano stupidi. Invece c’è sicuramente chi si accorge ma non ne parla, non lo esterna per paura e quindi si auto censura. La diversità, che sia anche solo una diversità d’opinione o di valori, ha un peso che non tutti vogliono accollarsi.

4. 'Rivoluzione... chi l'ha detto che non si fa con le parole?...'
La parola ha la sua forza indiscutibile, e qualcuno in Italia l'ha capito talmente bene che ha acquistato tutti i mezzi possibili per poter diffondere il proprio Verbo.
Non è forse ancora più rivoluzionaria la parola più semplice del mondo nel momento in cui viene trasformata in azione? Quando un movimento ha come sottobosco un contesto di coerenza, è proprio in quella condizione che un proclama assume un potenziale rivoluzionario...

R: Sono d’accordo. La coerenza tra parole ed azioni è fondamentale per portare avanti idee e valori rivoluzionari, ossia in contrapposizione al sistema vigente. Con la frase “rivoluzione, chi l’ha detto che non si fa con le parole?” intendevo sottolineare anche il ruolo del poeta, dell’artista, il quale ha l’arma della parola e può utilizzarla al meglio per cambiare le cose. Un fatto curioso è che la mia poesia “Rivoluzione” è stata per me uno spunto iniziale per poi scrivere una canzone, intitolata appunto “Rivoluzione (sei bellissima)” che suono nella mia band Cose Velenose. Una frase di questa canzone dice proprio “Non tenere lì le parole fra i denti, faranno un gran clamore se le unisci all’azione”. Il concetto di coerenza tra parole ed azioni, come vedi, torna.

5. L'oggetto principale dei versi è il conformismo: le divise, le regole, il pericolo che viene creato dall'eccesso di ordine, la paura di trasformarsi in robot. Come non confondere l'attacco a un sistema ingiusto con quell'attacco alle normali regole di civiltà che ha imbarbarito la società italiana soprattutto negli ultimi 10 anni?

Re: Il mio è un attacco al sistema. Un attacco alla società attuale ed alle sue regole che non condivido. Per me le regole di civiltà sono ben altre rispetto a quelle che ci fanno passare come tali e che in realtà sono pura barbarie. Infatti queste ultime hanno ucciso la personalità della gente, l’hanno omologata, hanno fatto percepire la diversità come una deficienza e non come una risorsa, come invece io ritengo che sia. Per me la libertà è linfa vitale. Io credo nella libertà totale. Essere liberi è la cosa più bella del mondo, ma ora come ora è anche la cosa più difficile. Credo che una società civile non possa prescindere dalla libertà individuale. Il guadagno c’è per tutti: io sono libera di fare ciò che mi pare e piace, tu anche, magari non condivido ciò che tu fai o pensi, però non ti arreco danno, ti tollero e ti rispetto e tu fai lo stesso con me. Non mi pare un concetto difficile da capire, eppure…

Nessun commento:

Posta un commento